Di tutte le cose che abbiamo perso e perderemo

Di tutte le cose che abbiamo perso e perderemo è il primo album dei Quercia, totalmente autoprodotto, uscito quasi di sorpresa, senza troppi annunci, il 20 febbraio 2019, a distanza di tre anni dal loro primo EP del 2016, Non è vero che non ho più l’età.

Come è ben intuibile dal titolo, l’album racconta di tutto ciò che perdiamo, abbiamo perduto e perderemo e del senso di spaesamento e rassegnazione di fronte alla consapevolezza dell’irrimediabilità della perdita. Lo fa con una grande presa emotiva dal primo all’ultimo brano, tutti molto veloci e meno melodici rispetto a quelli dell’ep precedente, ma assolutamente godibili anche per un pubblico non troppo vicino al mondo dell’emocore.

L’album è caratterizzato da brani brevi e testi concisi, che danno tanto spazio alla parte strumentale, molto ben prodotta e ben suonata, talvolta lasciandole lo spazio dell’intero brano, come in Altalena brano interamente strumentale, molto emotivo ed evocativo.

Il gruppo, di origine sarda, ha creato un album che ha la forza della Bora in inverno, che descrive a pieno il concept attorno a cui è stato creato. Un album che trasmette perfettamente la sensazione che si prova quando ci si scopre soli, in mezzo ad una strada, consapevoli che ciò che è passato non tornerà e che non possiamo tornare indietro, ma solo andare avanti e riabuatarci ad un’altra normalità che è destinata a perdersi ancora.

Consapevoli che “non hai tutta la libertà che pensavi di avere” (da Torri) e che “tutte le cose che abbiamo perso e perderemo non sono mai nostre davvero” (da Fiammiferi), fino al logorante brano finale Ridevamo, che ci ricorda che “eppure ridevamo, ma non c’è più nessuno che rida ora, non c’è più nessuno ora”.

Già in Non è vero che non ho più l’età era chiara la vena malinconico nostalgica dei Quercia, che però non esplodeva, rimanendo quasi sospesa in attesa della vera liberazione, della vera volontà di uscire, di urlare tutto, fuori, lontano, come avviene invece in questo potente album.

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